in-stallo







12 pietre, 12 funi, 12 forche,  12 stelle sulla bandiera d’Europa.

Il nome dell’opera gioca sul rimando al termine “installazione”, squisitamente utilizzato nel  campo dell’Arte e al contempo alla parola “stallo” che, nel gioco degli scacchi indica la  situazione per la quale il re muovendo finirebbe sotto scacco e, poiché il giocatore non può muovere alcun altro pezzo, la partita viene dichiarata patta; in senso figurato tuttavia ha una valenza  equivalente ad una situazione bloccata, giunta a un punto morto, da qui il gioco bloccato delle forche intrecciate l’una sull’altra, per cui alle stesse viene inficiata la possibilità di compiere l’azione per la quale tradizionalmente vengono conformate.


Per Attinia la scelta della scultura ha un aspetto vocazionale, si leva da una “necessità interiore” nei confronti della materia e dei materiali di cui l’artista scopre il fascino piegandoli alla costruzione del linguaggio. Un “corpo a corpo” potremmo dire, dalle alterne vicende, tra l’artista che si impone o si arrende e la materia che cede o resiste. Materie naturali, organiche, materiali artificiali, derivati della produzione industriale, plexiglass, metalli, oggetti trovati, immagine, suono, video, rappresentano il lessico multiforme di racconti molteplici che trovano compiutezza nella dimensione installativa. E’ l’installazione, la scultura installativa, che lega la mescolanza dei media generando discorsi che sono rivolti essenzialmente al fruitore, a sollecitare le sue risposte percettive, mentali, emotive.
Etereogenia è un progetto artistico che muove da una articolata indagine condotta sul corpo. Corpo individuale, corpo sociale, corpo della scultura, oggetto/essere, tessuto, intramatura di funzioni dinamiche complesse, textum. Sotto lo sguardo trepido di una sensibilità che denuncia tratti distintivi della psicologia femminile, le immagini vengono “lasciate avvenire” e il risultato non è mai definitivo, rimane invece una lettura incerta, aperta, allusiva, che può modificarsi ad ogni incontro e ad ogni sguardo.
Come nella scultura tradizionale i valori legati al modellato plastico andavano letti simbolicamente, allo stesso modo il rapporto/contrasto tra geometria e organicità, naturale e artificiale, peso e leggerezza, materiale e immateriale, ordine e disordine, nelle opere di Attinia va interpretato alla luce delle contraddizioni che compongono l’umana realtà.

Loretta Fabrizi


Attinia si presenta simbolicamente attraverso l'immagine in bianco e nero, sgranata e iconografica del proprio occhio sinistro, ieratico. L'occhio attento di chi guarda e prende coscienza delle cose tangibili e di quelle latenti. Una finestra sempre aperta verso il mondo e un colloquio intimo, ininterrotto, fatto di domande che via via lasciano l'artista insoddisfatta, mai appagata, sia nell'umana ricerca sia in quella artistica. Da percorsi interiori ed incontri inevitabili nasce la sua spinta propulsiva a "fare cose", in tal modo Attinia definisce la sua produzione creativa.
Nell'opera "Tessere", assolutamente introspettiva, vediamo traslato dalla trasparenza umile del plexiglass del materiale ammucchiato, quasi a formare degli strati. Questo miscuglio è forse la sovrapposizione di vie percorse, l'interazione dei vissuti, opportunità lasciate andare, momenti di azione, stasi, pianto, riso, il disordine che ha scaturito un evoluzione verso un divenire destinato a scomporsi nuovamente come le tessere di un puzzle.
Con la delicata discrezione di chi non vuole imporre ma proporre e condividere parte della sua voce, l'artista narra di tematiche sociali. Oggi più che mai, mezzi di distrazione di massa accompagnano gli individui verso un alienante assopimento: un occhio distratto sorvola la realtà e non si pone domande alcune. Nell'istallazione "Ora et labora" il "total white" è padrone della ferrea impalcatura e degli arnesi di lavoro, silenziosamente abbandonati dai "nuovi martiri": coloro che muoiono a causa di logiche prepotenti e vili. L'opera tutta, sembra essere stata ricoperta di pigmento per immersione e la resa eterea sembra onorare il gelido silenzio, in cui sotto quelle logiche, si lavora e si muore.
Sostanzialmente in queste due opere è possibile riassumere gran parte della sua poetica. Tuttavia altri lavori come "I passi fermi del tempo", pur continuando ad avere un contenuto simbolicamente introspettivo, aprono il dialogo con lo spettatore attraverso la scelta estetica di un linguaggio scarno e sintetico. Materiali grezzi come il ferro e la corda poggiano su basi geometriche e danno luogo a composizioni facilmente imprimibili nella mente di chi guarda, offrendo ancor più spazio alla ricerca dei significati che vanno oltre la materia e la forma.
L'andare oltre è una costante imprescindibile nell'estenuante ricerca di Attinia, un viaggio infinito iniziato da sempre. La sua visione complessa e dinamica genera spesso significati mai univoci, narrati con decisione da elementi, immagini e forme carichi di multiple e simboliche valenze. Nell'opera "La penisola che non c'è" piccole barchette di carta costeggiano una nazione che è fatta di sale, lo stesso che anticamente vedeva una penisola fiorire e che oggi forse simboleggia un'arida condizione: un paese che non c'è né per se stesso né per altri. Ma il semplice e biancastro composto di cloruro di sodio ci rimanda anche a significati di sacralità e di purificazione. Il sale rappresenta la saggezza e la conoscenza ma è anche il simbolo della ricchezza e del potere. 
Attinia propone un lavoro che è frutto del tempo trascorso, un fiore che si è aperto alla luce venendo fuori da un "angolo cieco" della propria esistenza.

Silvia Baldassarri







etereogenia

                                           
Istituto di Storia e Fenomenologia delle Arti - SPAZIO MIRIONIMA
Attinia in ETEREOGENIA 
                                      
A cura di FRANKO B
INAUGURAZIONE GIOVEDÌ 10 NOVEMBRE – ORE 17.00
 

la penisola che non c'è



La penisola che non c’è è un’istallazione a terra, la sagoma della carta geografica dell’Italia è realizzata con sale grosso marino, preparata al momento per mezzo di una maschera che viene poi tolta, il sale non è fissato in alcun modo ma semplicemente appoggiato e aggiustato a mano.
La penisola è in parte circondata da un esercito di barchette, che scende dal nord al sud dell’Italia, costruite tutte con lo stesso tipo di gratta e vinci, ovvero “Turista per sempre”, ovviamente grattato, tranne uno lasciato volutamente integro. 

Turista per sempre è uno grattino, dal costo di 5,00 cad, tra quelli maggiormente consumati dagli italiani nell’ultimo periodo storico.

Quando usci sul mercato questo gratta e vinci, il Quotidiano.Net del 19 gennaio 2010, recitava così:  “Turista per Sempre” il  gratta e vinci che ti regala 6 mila euro al mese, il nuovo gioco della Lottomatica , in vendita al costo di 5 euro, in palio un premio “a vita”: si potrà vincere un premio 1.450.000  euro, dei quali 200.000 verranno pagati subito, 6.000 euro al mese per 20 anni e almeno 100.000 euro di bonus finale.    

Roma, 19 gennaio 2010 - Un vitalizio da seimila euro al mese, per una durata di venti anni. E’ “Turista per Sempre” , l’ultima grande novità  nel mondo delle lotterie istantanee. Il nuovo gratta e vinci della Lottomatica è in vendita da ieri, costo 5 euro, si tratta della prima volta che in Italia è in palio un premio a “vita”.


tessere

scorporatamente

i passi fermi del tempo



Il “tempo” è uno dei concetti da me maggiormente sentiti  e affrontati nella mia ricerca, in questo caso volge ad assumere il significato di uno dei beni che è e sarà sempre più prezioso nel prossimo futuro.

Il titolo dell’opera in se può evocare una contraddizione in termini, poiché i passi non possono essere fermi e il tempo è in continuo movimento, tuttavia, poiché il lavoro nasce originariamente da questa frase: Vorrei avere il tempo di accorgermi che il tempo passa”, è un invito a riconoscere, sentire e vivere il tempo, il proprio tempo.

Il simbolo della spirale nella sua rigida ma continua evoluzione si contrappone alla mollezza della fune e ai suoi sensuali nodi, i passi fermi del tempo appunto, quei passi che dovrebbero portarci a riflettere, come degli step, su quanto normalmente viviamo il tempo con una sorta di disprezzo, lasciandolo scivolare via via in un “non vissuto” per poi trovarci puntualmente a rimpiangerlo.

radice del dissenso




 
Passeggiando in riva al mare m’incontrai con un tronco, un semplice legno restituito dalle onde ma sapientemente scolpito dalla natura. Un oggetto trovato, o meglio un oggetto che mi ha trovata in una mattina d’inverno, su di una spiaggia deserta ma popolata di vento.
Forte l’ho sentita, quel giorno la natura, in quel momento d’intimo dialogo, in tutta la sua dirompente magia.
L’ho portato via con me e custodito come una reliquia, l’ho asciugato, accarezzato, scrutato, immortalato nei particolari e nel suo insieme, ma non bastava, mi chiedeva dell’altro, mi chiedeva di continuare ad esistere, di testimoniare la sua estrinseca bellezza e l’intrinseco dissenso, come in un tacito messaggio, della natura verso lo scempio che l’uomo continua a perpetuare.
Ecco, doveva esistere e resistere come testimone, testimone di una bellezza ormai in via d’estinzione, di una bellezza che oggi, all’uomo miope, non è data più vedere o comunque sempre meno riconosce.